Il fenomeno del crowdsourcing creativo si sta imponendo nello scenario della creatività: masse di designer, di ogni livello di professionalità, accettano il rischio di non venire pagati e producono contenuti per grandi brand internazionali. Ne parlano i blogger, ne parlano le aziende, ne parlano magazine e quotidiani.
E sempre più brand di portata internazionale (Google, Microsoft, Nestlé, Unilever, Honda, IBM, tanto per citare qualcuno) affidano i propri brief a community con competenze talvolta discutibili che condividono, votano, scambiano, collaborano, commentano. E (quasi) tutti sembrano felici di come funziona il meccanismo.
D’altra parte, chi ha fatto del graphic design la propria professione, investendo tempo, risorse e denaro nella propria formazione continua, non può certo applaudire la possibilità di avere, tra i suoi nuovi competitors, anziani pensionati con la passione del computer o ragazzini sbarbati che smanettano in Photoshop. Non si può, insomma, fare l’idraulico di giorno e il direttore creativo la sera (non si può fare nemmeno il contrario, beninteso).
Chi ha ragione, dunque? C’è una fregatura? E se c’è, dove si nasconde?
Il crowdsourcing creativo è davvero una guerra tra poveri? Che fine faranno i graphic-designer professionisti? Quale futuro è possibile per le agenzie di comunicazione?
Il libro “Masse Creative – Il fenomeno crowdsourcing: rivoluzione o fregatura?” di Stefano Torregrossa (graphic designer freelance da quasi 10 anni, musicista e pasticciere dilettante da molto più tempo, da tempo nota penna per Draft.it oltre che docente presso l’Università di Verona) contiene solo metà delle risposte alle domande. L’altra metà è contenuta nella maniera in cui il libro è stato composto e realizzato: data un’esigenza, interrogare tutti i punti di vista disponibili e lavorare per metterli insieme cercando di ottenere ed estrarre la migliore delle risposte. Una ricerca in crowdsourcing, quindi, sul mondo della creatività user-generated.
“Masse Creative” è diviso in quattro capitoli: nel primo si tracciano i confini del fenomeno tentando una definizione; di seguito, appaiono le interviste ai community manager delle piattaforme di crowdsourcing Zooppa e UserFarm; nel terzo capitolo, si lascia spazio alle voci contro il crowdsourcing, in particolare al progetto No-Spec Work; infine, il resoconto dei dati raccolti durante un sondaggio tra gli utenti di Zooppa e il prezioso contributo di Ciro De Caro, il primo in Italia a veder trasmesso in tv il proprio spot dopo aver vinto un contest su UserFarm.
L’intenzione è presentare voci, commenti e opinioni di tutti i soggetti coinvolti: i gestori delle piattaforme di crowdsourcing creativo da una parte, i designer (professionisti o meno) che partecipano ai contest dall’altra; senza dimenticare il mondo dei creativi professionisti che accusa il crowdsourcing di scarsa competenza e poca etica. Il crowdsourcing è un fenomeno in corso, e tale dev’essere oggi ogni suo tentativo di analisi: “Masse Creative” è dunque un libro che propone risposte senza offrirle completamente, è un cantiere aperto, è un appello a nuovi contributi sull’argomento. Il libro è completamente gratuito ed è in free download.
fonte: http://www.draft.it/