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Il problema dei file sorgente

Se avete qualche anno di lavoro sulle spalle, vi sarà senz’altro capitato un cliente che vi chiede i file sorgente. Con file sorgente si intende di solito il file originale che abbiamo utilizzato per creare di fatto il progetto: i file di InDesign per un catalogo, ad esempio (completi ovviamente di font e immagini editabili); i .psd a livelli di Photoshop, i .fla di Flash, i .raw per i nostri scatti fotografici.

Perché un cliente dovrebbe chiedervi un file sorgente?
Il più delle volte è per poterli modificare, cambiare, aggiornare. O meglio: per farli modificare, cambiare o aggiornare a qualcuno che non siamo noi. Magari (ma questa è tendenziosa, vi avviso) il figlio del cugino del titolare si è proposto di aggiornare il catalogo in cambio di una pizza e una birra.

La mia risposta in questi casi è sempre la medesima: non fornisco MAI i file sorgente. Punto.
I file sorgente contengono gran parte del valore intellettuale e del modo di lavorare del professionista. Quando un cliente commissiona un lavoro, il materiale richiesto corrisponde al risultato finale (per esempio, un esecutivo di stampa .pdf) e non al sorgente. Quindi il file sorgente non deve essere consegnato se non esplicitamente previsto dal contratto.
Certo: anche i file .pdf sono modificabili all’occorrenza: ma, concedetemelo, non è così facile (font in tracciati, immagini incorporate, password di protezione e così via).
Non credo sia corretto, insomma, che un altro professionista possa mettere troppo facilmente le mani sul nostro lavoro con la possibilità di smontarlo pezzo per pezzo, ricostruirlo, modificarlo, aggiornare dati e cambiare testi, per poi magari rivendere il lavoro.

È bene ricordare che i sorgenti – sia perché contengono la nostra creatività e il nostro modo di costruire un lavoro, sia per i diritti economici perduti con la cessione – possono essere eventualmente quantificati e di fatto acquistati dal cliente, separatamente dal file esecutivo già consegnato. C’è chi quantifica il costo (l’ho trovato in rete, beninteso, non è certo la legge) del sorgente in 10 volte tanto il costo della progettazione: se chiedo 2.000 euro per realizzare una brochure, il file sorgente in InDesign ne costerà 20.000.
Discutibile, ma serve per darvi un’idea.

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I file sorgente sono di fatto coperti da diritto di paternità (Legge 633 del 22 Aprile 1941, e successive integrazioni, tra cui le due normative europee 96/9 e 91/250), anche in considerazione del fatto che i software di gestione dei suddetti file e dei relativi font utilizzati sono di proprietà del creativo stesso. Il designer in questo senso è tenuto alla sola consegna dei file esecutivi di stampa in formato pdf ad alta risoluzione realizzati in collaborazione con il cliente e da lui approvati, come prodotto finito e pronto per la stampa; la parte di ideazione, il processo di realizzazione, i singoli elementi della composizione (per intenderci: i font, che sono coperti da opportune licenze) e gli strumenti software utilizzati per assemblare il lavoro non sono in alcun modo cedibili.
Peraltro, le stesse leggi citate tutelano la firma dell’autore su un’opera, che non può essere soppressa senza l’approvazione dell’autore. Restano quindi riservati all’autore i diritti per eventuali utilizzazioni dell’originale diverse da quelle commissionate.
In questo senso, anche ammettendo l’eventuale fornitura dei file sorgente, il cliente non sarebbe comunque autorizzato ad elaborarlo, modificarlo o aggiornarlo senza il nostro consenso. E ancor meno sarebbe legittimato a ristampare il lavoro togliendo la nostra eventuale firma o, peggio ancora, mantenendola su un lavoro diverso rispetto a quello da noi approvato in ultima istanza.

Passatemi il paragone: sarebbe come pretendere che, pagando il conto al ristorante, il cuoco sia tenuto a fornirci pentole, padelle, ingredienti e finanche la ricetta utilizzata per la realizzazione del piatto che abbiamo mangiato. È questione, insomma, di deontologia personale: sappiate che, comportandovi così, con ogni probabilità perderete un cliente (ma se vi chiede i sorgente, chissà, evidentemente ha già qualcun altro a cui rivolgersi) ma ne guadagnerete in rispetto, onore e correttezza professionale.

Mi permetto un consiglio in merito a tutta la vicenda: scrivete due righe, al momento del preventivo. Non c’è bisogno di preparare un vero e proprio contratto, se non ve la sentite: vi basti specificare che il vostro lavoro prevede la fornitura di un file .pdf correttamente profilato per la stampa, ma NON del file sorgente con il quale l’avete prodotto.
Vendiamo soluzioni, idee, creatività: non svendiamo il nostro know-how.

 

Fonte: tiragraffi.it

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