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Avatar: dovreste vedere le vostre facce

Uno spettacolo per gli occhi mai visto prima, unito ad una storia semplice, ma di incredibile efficacia.

avatar_occhio"There's no place like home". Non c'è un posto come casa, doveva dire Dorothy per poter tornare dal fantastico mondo del mago di Oz. Da oggi possiamo dirlo: la ragazza si sbagliava. Perché invece esiste un posto migliore di casa, un luogo che i vostri occhi e il vostro cuore da spettatore assetato di emozioni difficilmente dimenticheranno, ed è il pianeta Pandora, un luogo la cui bellezza non si limita alla superficiale suggestione delle sue montagne volanti, delle sue splendide creature alate, del cielo sul quale si stagliano romantiche lune o degli ipnotici giochi di luce creati dalla fauna locale.

Si tocca invece con mano l'impalpabile magia insita nella mastodontica bellezza del creato, una magia, chissà, forse di natura divina, presente in ogni cosa e che ogni cosa connette l'una all'altra, in un equilibrio inafferrabile proprio perché troppo perfetto per essere compreso da qualsiasi vivente. Non si vuole qui certo blasfemicamente paragonare il regista James Cameron al Creatore, ma è innegabile l'illusione provocata dal suo Avatar di un ritorno quasi ad un'edenica primitività, ad una comunione con il tutto in cui perdersi e cullarsi piacevolmente.

La verità è che Avatar poteva essere un giocattolone tecnologicamente super-avanzato ma completamente senz'anima, ed invece l'uso che fa del 3D, in una maniera che semplicemente ridicolizza tutto ciò che è stato fatto finora in materia, riesce a rapirti (in modo, diciamolo pure, a tratti quasi inquietante) e a immergerti in una realtà altra, quasi il film non fosse altro che un avatar universale per il pubblico in grado di far rimpiangere il momento in cui le luci in sala obbligano a togliersi i tanto odiati occhialetti (ma vedrete quanto qui li amerete).

Chi parla di videogioco che avrebbe ucciso il cinema (ma nel lontano 1977 secondo molti l'omicidio l'aveva già commesso Guerre Stellari, eppure la settima arte dopo più di 30 anni vive e lotta ancora insieme a noi), forse ignora ciecamente (volutamente?) la portata delle rivoluzione tecnologica trionfalmente condotta da Cameron, in cui l'eccezionale potenziale visivo, il 3D e gli effetti speciali, si sposano in maniera pressoché perfetta a dei personaggi, a delle emozioni e ad una storia, che nella sua classica linearità riesce a produrre comunque un'incredibile empatia.

Cameron conferma ancora, un'altra volta dopo Titanic, di non prediligere una narrazione complessa, ma di preferire di gran lunga giocare su archetipi e stereotipi insiti nelle grandi epiche, a favore di una semplicità valorizzata da un'innata capacità di spingere sulle giuste corde emotive. Un po' Pocahontas, un po' Balla coi lupi, un po' Principessa Mononoke di Hayao Myazaki, e un po' anche Titanic, con di nuovo un amore tra due diversità (lì sociali, qui razziali) che su uno sfondo di tragedia si ergono contro l'infausto destino, risvegliando nello spettatore il mai sopito spirito battagliero di non arrendersi mai di fronte anche all'impossibilità di vittoria (e le inutili frecce degli indigeni che fanno il solletico ai colossi di ferro degli uomini sono il simbolo di un'impotenza cui non ci si vuole rassegnare).

 

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E nella forse prevedibilità degli svolti narrativi, non mancano messaggi etici, sociali, politici, inseriti in maniera mai pretenziosa o compiaciutamente retorica ma perfettamente integrati nel contesto: la paura del diverso, lo sfruttamento delle minoranze, l'anti-militarismo spesso declinato in anti-americanismo (la frase "Combattiamo il terrore con il terrore" non piove a caso sulla sceneggiatura del film), il panteismo religioso, il tanto ecologismo e, in più, anche una sana dose nel sottotesto di non sbandierato femminismo. Cosa farebbe in fondo il nostro bravo protagonista Sam Worthington senza la lucidità di una stoica ma materna Sigourney Weaver, o senza il cuore e il coraggio di Zoe Saldana, o senza l'aggressività della nostra bad-girl preferita Michelle Rodriguez, che mai smetteremo ogni volta di ringraziare per le sue sempre gradite perle di trucida sensualità?

Dopo 2001: Odissea nello spazio, Guerre Stellari e l'epica fantasy di Peter Jackson di Il signore degli anelli, un'altra rivoluzione scardina nuovamente i limiti del cinema, aprendo nuove frontiere verso chissà quali prospettive. Per 12 anni si era guardato quasi con disprezzo alla megalomania di James Cameron, che dopo essersi definito il Re del Mondo andava in giro a dire che avrebbe cambiato il cinema. Oggi probabilmente, se ne avesse modo, sgattaiolerebbe nel buio della sala mentre guardiamo il film e, prendendo in prestito le parole di Michelle Rodriguez mentre guida i passeggeri del suo elicottero nello spettacolo delle montagne volanti di Pandora, si avvicinerebbe alle nostre orecchie sussurrando: "Dovreste vedere le vostre facce".

 

fonte: www.moviesushi.it

 


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