Roma Capitale ha presentato il suo logo di candidatura a città ospitante delle Olimpiadi del 2024, un logo che ha ricevuto molte critiche dal mondo del web ma anche qualche apprezzamento, se visto in un’ottica di comparazione con le altre città candidate.
Un Colosseo che sfuma verso una pista d’atletica, il tutto colorato dal classico tricolore italiano. Il logo di “Roma 2024″ è stato presentato lunedì 14 novembre al Palazzetto dello Sport di Roma alla presenza di Giovanni Malagò, presidente del CONI, e Luca Cordero di Montezemolo, presidente del comitato promotore dei Giochi Olimpici di Roma 2024.
"Il logo per i Giochi del 2024 è bianco, rosso e verde perché questa non è un candidatura di Roma ma dell'Italia" ha dichiarato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. "Come mondo dello sport abbiamo bisogno di coinvolgere tutto il Paese - ha aggiunto il numero uno del Comitato olimpico -. Dobbiamo unire tutti perché è fondamentale il gioco di squadra. Uniti non solo si può, ma si deve vincere. Viva lo sport, viva l'Italia, viva Roma 2024".
Una premessa: Il logo della candidatura di una città ha un ruolo tecnico, serve a identificarla in un contesto ristretto. È infatti il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) a scegliere quale città ospiterà i Giochi. E, con tutto il bene che vogliamo al brand design, non è che viene scelta una città piuttosto che un’altra perché ha il logo bello. Quando poi una città viene scelta, allora le cose cambiano: il logo dell’edizione Olimpica assume un valore commerciale, essendo rivolto ad un pubblico mondiale e dovendo incontrare il gusto di persone e sponsor. E a quel punto dev’essere disegnato bene davvero.
Alla faccia di chi dice che qui facciamo solo e sempre schifo. Il grande fraintendimento sul logo di Roma, quindi, è legato agli obiettivi. A cosa serve questo logo? Perché è stato disegnato così? A chi è rivolto? La questione è più sottile. Spesso chi si occupa di graphic design confonde (o vuole confondere) due questioni strettamente interconnesse eppure differenti: gli obiettivi dell’art direction e quelli del (graphic) design. L’una si concentra sul messaggio, l’altro sul processo che trasforma il messaggio in forma. Da un punto di vista di art direction, infatti, il logo di Roma è corretto: identifica la città che rappresenta in modo semplice, utilizzando il suo monumento più conosciuto a livello internazionale. Identifica l’Italia con i due codici cromatici universalmente riconosciuti: il tricolore e l’azzurro utilizzato nelle divise delle nostre squadre nazionali.
È sul lato del design che fa acqua da tutte le parti, ma purtroppo per la finalità per cui questo logo è stato disegnato, ha poca importanza. Quello che a nostro modo di vedere ha molta importanza, invece, è l’approccio nei confronti del lavoro creativo da parte dei creativi stessi. Passiamo senza soluzione di continuità tra un atteggiamento egoriferito che ci porta a imballare i social con tutti i nostri lavori, lavorini e lavoretti, e un’indivia cieca che genera commenti passivo-aggressivi tesi a screditare qualsiasi cosa non provenga dal nostro mouse, come se riconoscere il valore nel lavoro degli altri lo togliesse a noi.
In questa maniera non si alimenta il dibattito disciplinare, né tanto meno si lavora alla costruzione di una cultura del progetto condivisa. Ci piacerebbe invece vedere invasi i nostri social network da progetti ben riusciti, esperienze italiane di qualità (è facile parlar bene di uno che sta dall’altra parte del mondo e con cui non ti senti in competizione), perché in fin dei conti anche nel nostro paese sono in molti a lavorare molto bene.
Un tratto Hipster per Parigi, Los Angels col suo stile flat LA24, Amburgo si avvicina molto al famosissimo Firefox e Budapest ancora non ha presentato la sua versione.
Prendiamo spunto dal video di BOB per farvi raccontare le impressioni visive date dai loghi delle altre città in competizione con Roma per questo evento importantissimo.