Il Decreto Romani è passato.
Il significato di Servizio Media Audiovisivo è stato però ridefinito, escludendo esplicitamente:
- i servizi prestati nell'esercizio di attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse;
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E' stata quindi recuperata la definizione di servizio audiovisivo originale, così come era stata raccomandata nella direttiva europea AVMSD (Audiovisual Media Services Directive), che escludeva esplicitamente i siti internet privati come soggetti coinvolti nelle nuove norme:
«La definizione di servizio di media audiovisivo non dovrebbe comprendere le attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse.»
In un eccesso di zelo, Romani l'avevo ripresa nel seguente modo:
«Non rientrano nella nozione di servizio media audiovisivo i servizi prestati nell’esercizio di attività principalmente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, fermo restando che rientrano nella predetta definizione i servizi, anche veicolati mediante siti internet, che comportano la fornitura o la messa a disposizione di immagini animate, sonore o non, nei quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere meramente incidentale.»
Spariva cioè ogni riferimento sia ai siti internet privati (per esempio questo blog) che ai servizi che distribuiscono contenuti generati da utenti privati ai fine della condivisione (leggi YouTube).
Repubblica sostiene che permanga una zona d'ombra per quanto riguarda i servizi di videosharing, quando nel testo del Decreto Romani si fa riferimento ad un servizio di media audiovisivi non lineare come "un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione di programmi al momento scelto dall'utente, e su sua richiesta, sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media".
Potrebbe applicarsi a YouTube, se non fosse che nel caso specifico il catalogo di programmi non è selezionato dal fornitore, che non opera alcuna cernita, a meno che per "selezione" non si vogliano intendere le pagine delle classifiche e i video in evidenza nella homepage.
Sarebbe curioso che i portali di condivisione video si trovassero costretti, in via prudenziale, a non pubblicare più la pagine dei video più popolari o di quelli più visti.
Potrebbe sembrare che la battaglia contro il Decreto Romani abbia dato i suoi frutti, ma da una legislatura che in soli due anni ha espresso ben otto provvedimenti estremamente pericolosi per la libertà della rete, sarebbe ingenuo attendersi sonni tranquilli. E' necessario continuare a fare pressione, anche e soprattutto sulla comunità internazionale, per scongiurare nuove sconcertanti iniziative legislative, che in Italia sono costantemente all'ordine del giorno.
La pubblicazione del video "Mr. President, help the Internet in Italy", prevista per il 5 marzo, è slittata di qualche tempo per dare modo a tutti di comprendere a fondo il testo del decreto.
A tutti i colonnelli, i tenenti, i luogotenenti, i caporali e soldati della rete: tenete semre e in ogni caso alta la guardia e caldi i polpastrelli.
fonte: www.byoblu.com