Cosa è il freebooting e perché rischia di rovinare i migliori creatori di contenuti e Youtuber
Quanti video divertenti e “virali” avete visto su Facebook? Beh, sappiate che ci sono buone probabilità che questi video siano stati rubati ad altri creatori. Un report di Ogilvy afferma infatti che, dei mille video più popolari nel primo quadrimestre del 2015, ben 725 sono dei re-upload non autorizzati di video altrui. Un dato non di poco conto, considerando che questi 725 video hanno generato un numero di visualizzazioni pari a circa 17 miliardi.
Questa pratica scorretta, purtroppo utilizzata da molte pagine Facebook anche di considerevoli dimensioni e popolarità, è denominata “freebooting”. Il significato del termine, derivato dal gergo dei pirati di mare dell’antica Inghilterra, è descritto da knowyourmeme.com come “la pratica di scaricare contenuti coperti da copyright da un sito per poi ricaricarlo senza il permesso dell’autore, al fine di accumulare un gran seguito o profitto commerciale dalla rendita pubblicitaria”. Insomma: i freebooter prendono il contenuto altrui per il proprio tornaconto personale, senza che il creatore originale abbia reali guadagni da questa “appropriazione indebita”.
Il freebooting è una pratica molto popolare su Facebook, dove è sempre tristemente più frequente visualizzare video copiati da autori, spesso Youtuber. Se siete appassionati di video game vi consigliamo di seguire ThePruld, diventato popolare grazie a video demenziali i cui protagonisti sono personaggi della popolare serie di videogame Dark Souls di Namco Bandai. Uno dei suoi video più recenti è stato saccheggiato da più e più pagine, che spesso hanno citato l’opera originale soltanto in un commento. Facile intuire come ThePruld abbia ricevuto solo le briciole lasciate a terra dal mare di visualizzazioni di utenti che, con ogni probabilità, hanno solo visto il video senza scorrere tutti i commenti.
Il freebooting colpisce anche Youtuber dal grande seguito come SmarterEveryDay, tra i primi a denunciare il problema, e Kurzgesagt – In a Nutshell, che in uno dei suoi video afferma come tale pratica sia figlia dell’algoritmo che regola la newsfeed di Facebook. Il figlio prediletto di mr. Zuckerberg infatti predilige di gran lunga (in termini di reach) i video caricati direttamente sulla sua piattaforma rispetto ai link che riportano a YouTube; maggior visibilità vuol dire più engagement, più engagement vuol dire più reach organico. L’intento di Facebook non è tanto quello di danneggiare il concorrente Google, quanto far restare il più possibile i suoi utenti sulla piattaforma senza mai uscirne: è la strategia che, ad esempio, ha portato alla creazione e alla popolarità crescente degli Instant Article.
Per i creatori di video, il danno è enorme. Non solo i video originali hanno spesso visibilità sensibilmente minore rispetto ai “re-upload” dei truffaldini, con conseguenti introiti derivanti dalla pubblicità su YouTube in calo, ma la strada per fermare chi ha rubato i loro video è spesso molto difficile. Il processo per affermare la paternità del proprio video su Facebook è complesso e può richiedere tempi molto lunghi, con post “colpevoli” che vengono cancellati solo dopo alcuni giorni: un’eternità per il mondo del web, con post che vengono cancellati praticamente dopo aver esaurito tutta la loro visibilità, con danni quasi nulli per chi invece sarebbe da punire più duramente.
Freebooter che, come accennato, spesso tentano di “mitigare” i loro danni inserendo dei credit nei link riportanti la pagina Facebook del creatore originale o il canale dello Youtuber da cui hanno scaricato il video.
Peccato che pochi siano gli utenti che effettivamente arrivano così al vero autore del video e che, come già detto, in tal modo qualsiasi ritorno economico derivante dalla pubblicità su YouTube sia estremamente ridotto. Perché poi, se sono in buona fede, queste pagine non condividono direttamente il post o il video che ritengono tanto meritevole da essere sulla proprio spazio su Facebook?
Se Facebook intende essere, come afferma, un punto di riferimento per i creatori originali, forse dovrebbe rivedere alcune delle sue meccaniche attuali.
Lo stesso video prima riportato di Kurzgesagt – In a Nutshell mostra come, di fatti, i numeri delle visualizzazioni sulla piattaforma di Zuckerberg siano gonfiati, considerando come “view” anche una semplice occhiata di appena tre secondi. Ma deve cambiare anche il modo in cui noi utenti utilizziamo il web e i social.
Perché se “Content is king”, allora è giusto premiare chi quei contenuti li ha davvero creati, spendendo decine se non centinaia di ore del suo tempo e le competenze acquisite dopo anni di lavoro. Anche noi semplici spettatori possiamo contribuire a un web più onesto e giusto: segnaliamo i casi di freebooting, magari riportando nei commenti la fonte originale e segnalando al vero autore del video di essere stato imbrogliato. Facebook infatti non ha ancora una funzione di ricerca dei video e spesso, purtroppo, chi è vittima di freebooting rischia di non esserne nemmeno a conoscenza.
finte: ninjamarketing.it