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Il brutto vizio di stampare

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Capita sempre più spesso di ricevere mail in cui, in calce, si legge, rigorosamente in verde: “please consider the environment - only print this email if necessary”. Qualcuno si spinge anche oltre: “do you really need to print this e-mail?”  [v. ns. articolo, n.d.r.].

Chissà se arriviamo a soffermarci all’alberello e a quel piccolo avvertimento (chissà perché sempre in inglese) prima di stampare la mail che potrebbe tranquillamente rimanere digitale senza cambiarci la vita.

Quella piccola frase in verde è, in fondo, un invito a una assunzione di responsabilità personale nei confronti dell’ambiente: se stampi questa mail ti devi sentire corresponsabile di uno sgarro nei confronti dell’ambiente. È un piccolo reminder tangibile a fare un gesto utile che si può inserire nella firma personale una volta per tutte. A questo ne dovrebbero seguire tanti che magari richiedono uno sforzo individuale autonomo, che non deriva da un invito.

“Non è colpa nostra se ci siamo ridotti così, ci siamo abituati, è colpa delle multinazionali della stampa” sono le giustificazioni classiche, insieme a “mi serve assolutamente una copia fisica”. Giustificazioni, appunto. Vero è che le stampe, le stampanti (e i loro produttori), insieme agli editori di libri e giornali, sono probabilmente tra i principali responsabili del disboscamento, ma è altrettanto vero che gli stessi produttori si adoperano da tempo per sensibilizzare utenti e aziende a un uso intelligente del mezzo cartaceo.

 

Lexmark, ben sensibile al tema come d’altronde tutti i suoi concorrenti, ci informa che festeggia i suoi 18 anni di impegno ambientale a bordo di un veliero, ovviamente, e ci dispensa di dati, indagini, ricerche per convincerci a usare meglio i propri prodotti e servizi. Si scopre che un sacco di gente dimentica le stampe, che non stampa fronte/retro, che stampa a colori quando non ce n’è bisogno, che butta le stampe perché non servono, che fa 10 copie dello stesso documento solo per guadagnare qualche punto durante una presentazione a un cliente.

I produttori come Lexmark non possono certo ambire a cambiare le abitudini distorte di gente poco intelligente, ma ci provano, con corsi specifici, consulenza aziendale e software per la stampa sempre più intelligenti. Di tutte le innovazioni introdotte, certamente la più interessante riguarda il controllo della stampa prima che esca dalla fatidica macchina killer. È possibile stampare un certo documento solo se si è autorizzati a farlo, previa autenticazione con Pin o con badge aziendale, a volte anche con il riconoscimento dell’impronta. Se non si è autorizzati la stampa non esce. Stesso livello di controllo per le stampe in bianco e nero o a colori e a qualità non necessaria. 

In fondo, però, già da anni si può contribuire alla salvaguardia delle foreste con le funzionalità presenti in tutte le stampanti. È semplicemente una scelta personale, un problema di sensibilizzazione, nei confronti dei costi aziendali e dell’ambiente. 

Ora come allora si può pensare dieci secondi prima di selezionare “stampa”, ancora si possono perdere dieci secondi per impostare la periferica in modo che stampi fronte/retro, per ridurre il corpo del testo in modo da ottenere meno pagine, per evitare di stampare a colori quando la presentazione è da sottoporre ai colleghi.

 

Oltre a una resistenza primaria a fare automaticamente qualcosa per gli altri, poi, c’è anche il desiderio morboso di dover “possedere” le stampe, avere la carta tra le mani, leggere con calma nella posizione che si preferisce, sottolineare, strappare e buttare dopo aver visto come veniva. È un po’ lo stesso limite che presentano gli ebook: il libro c’è, le parole sono le stesse, ma leggerlo da un Kindle non è la stessa cosa di averlo tra le mani. Consideriamo tutte queste cose prima di cliccare Print.

 

fonte: www.lastampa.it

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